Le Scienze: “I gatti di Schrödinger dal mondo quantistico alla vita reale”
Category: Attualità, Fisica,Come si passa dal mondo microscopico, governato dalla meccanica quantistica, al mondo macroscopico, in cui governa la fisica classica? La questione è dibattuta da quasi un secolo, ma solo di recente si sono resi disponibili sistemi che possono permettere di capire come il mondo ordinario emerge da quello quantistico – di Philip Ball/Quanta Magazine
I gattini di Schrödinger non sono mai stati molto carini a vedersi, e l’ultima cucciolata non fa eccezione. È improbabile che le immagini di nubi di atomi ultrafreddi o fasci microscopici di silicio diventino virali su Internet. Tuttavia, questi oggetti esotici meritano attenzione, perché dimostrano con una chiarezza senza precedenti che la meccanica quantistica non è solo la fisica dell’estremamente piccolo.
“I gattini di Schrödinger”, parlando in termini generici, sono oggetti di dimensioni medie tra la scala atomica, per descrivere la quale la meccanica quantistica è stata originariamente sviluppata, e il gatto che Erwin Schrödinger immaginò per sottolineare l’apparente assurdità di ciò che questa teoria sembrava implicare. Questi sistemi sono “mesoscopici”: hanno circa le dimensioni di virus o batteri, e sono composti da molte migliaia o addirittura miliardi di atomi. Sono quindi molto più grandi delle tipiche scale dimensionali in cui appaiono di solito le controintuitive proprietà quantomeccaniche. Sono progettati per rispondere alla domanda: quanto grande potrai essere mantenendo le proprietà quantistiche?
A giudicare dagli ultimi risultati, la risposta è: incredibilmente grande. Due distinti tipi di esperimenti – entrambi effettuati in modo indipendente da più gruppi – hanno dimostrato che un ampio numero di atomi può essere posto in stati quantistici collettivi, in cui non possiamo assolutamente affermare che il sistema abbia un insieme di proprietà o un altro. In una serie di esperimenti, ciò significava realizzare un entanglement tra due regioni di una nuvola di atomi freddi per rendere le loro proprietà interdipendenti e correlate in un modo che sembra indipendente dalla loro separazione spaziale. Nell’altro, oggetti microscopici vibranti
sono stati messi in cosiddette sovrapposizioni di stati vibrazionali. Entrambi i risultati sono approssimativamente analoghi al modo in cui si diceva essere il famigerato gatto di Schrödinger, mentre era nascosto nella sua scatola: in una sovrapposizione degli stati “vivo” e “morto”.
La questione di come le regole della meccanica quantistica si trasformino in regole apparentemente molto diverse della meccanica classica – dove gli oggetti hanno proprietà, posizioni e percorsi ben definiti – ha lasciato perplessi gli scienziati fin da quando la teoria dei quanti fu sviluppata all’inizio del XX secolo. C’è qualche differenza fondamentale tra oggetti classici grandi e oggetti quantistici piccoli? Questo enigma della cosiddetta transizione quantistico-classica è stato evidenziato in modo iconico dall’esperimento mentale di Schrödinger.
Il povero gatto è una bestia molto fraintesa. Il punto di Schrödinger non era, come spesso lasciato intendere, l’apparente assurdità della meccanica quantistica se estrapolata alla scala quotidiana. Il gatto era il prodotto della corrispondenza tra Schrödinger e Albert Einstein, dopo che Einstein aveva criticato l’interpretazione della meccanica quantistica sostenuta dal fisico danese Niels Bohr e i suoi colleghi.
Bohr sosteneva che la meccanica quantistica sembra obbligarci a concludere che le proprietà degli oggetti quantistici come gli elettroni non hanno valori ben definiti finché non li misuriamo. A Einstein, sembrava strano che qualche elemento della realtà dipendesse, per esistere, dal nostro intervento cosciente. Con due colleghi più giovani, Boris Podolsky e Nathan Rosen, nel 1935 presentò un esperimento mentale che sembrava rendere impossibile quell’interpretazione. I tre (il cui lavoro ora è noto con l’acronimo collettivo EPR) osservarono che le particelle possono essere create in stati che devono essere correlati l’uno con l’altro, nel senso che se uno di essi ha un valore specifico per una certa proprietà, anche l’altro deve avere un altro valore specifico. Nel caso di due elettroni, che hanno una proprietà chiamata spin, uno spin potrebbe puntare “in su” mentre lo spin dell’altro elettrone “in giù”.
In questo caso, secondo Einstein e i suoi colleghi, se Bohr avesse avuto ragione e le direzioni effettive degli spin fossero indeterminate fino a quando non le si misurano, allora la correlazione dei due spin implicherebbe che misurare uno di essi fissa istantaneamente l’orientamento dell’altro, non importa quanto sia lontana la particella. Einstein chiamò questa connessione apparente “fantasmatica azione a distanza”. Ma un simile fenomeno dovrebbe essere impossibile, perché la teoria speciale della relatività di Einstein mostra che nessuna influenza può propagarsi più velocemente della luce.
(Allison Filice for Quanta Magazine, tutte le illustrazioni)
Schrödinger chiamò questa correlazione tra particelle “entanglement”. Dagli anni settanta, gli esperimenti hanno dimostrato che si tratta di un vero fenomeno quantistico. Ma questo non significa che le particelle quantistiche possano in qualche modo influenzarsi a vicenda istantaneamente attraverso lo spazio con la fantasmatica azione di Einstein. È meglio dire che le proprietà quantistiche di una singola particella non sono necessariamente determinate in un punto fisso nello spazio, però possono essere “non locali”: completamente specificate solo in relazione a un’altra particella situata altrove, in un modo che sembra minare la nostra nozione intuitiva di spazio e distanza.
Il gatto di Schrödinger è nato dalle sue riflessioni sulle peculiarità dell’entanglement EPR. Schrödinger voleva mostrare come la nozione di Bohr, secondo cui nulla è determinato fino a quando non viene misurato, potrebbe portare a un’assurdità logica se immaginassimo l’entanglement alla scala delle dimensioni quotidiane. Il suo esperimento mentale colloca lo sfortunato gatto in una scatola chiusa con una fiala di veleno letale, che può essere rotta da un meccanismo che lo collega – in realtà, mediante l’entanglement – a una particella o a un evento quantistico. L’innesco potrebbe derivare da un elettrone, che rompe la fiala se ha uno spin verso l’alto, ma non se ha uno spin verso il basso. È quindi possibile preparare l’elettrone in una cosiddetta sovrapposizione di stati, in cui sia lo spin verso l’alto sia lo spin verso il basso sono possibili esiti di una misurazione. Ma se lo spin è indeterminato prima della misurazione, allora lo stesso deve valere per lo status del gatto: non c’è modo per dire in modo sensato se sia vivo o morto. E questo è sicuramente privo di senso.
Il punto di Schrödinger non era semplicemente il fatto che le regole quantistiche portino ad apparenti assurdità se applicate nella scala dimensionale quotidiana: non è necessario un gatto per questo. Piuttosto, voleva trovare una dimostrazione estrema di come il differire qualsiasi attribuzione di uno stato definito (vivo o morto) fino a quando la misurazione non è stata fatta (aprendo la scatola per guardare) possa portare a implicazioni che sembrano non solo strane ma logicamente vietate.
A Bohr questo sarebbe sembrato uno scenario non valido: la misurazione, come aprire la scatola e guardare il gatto, era per lui sempre un processo macroscopico e quindi classico, dunque le regole quantistiche non sarebbero state più applicabili. Ma allora come fa la misurazione a garantire quella trasformazione magica dal quantistico al classico?
Invece di discuterne, perché non effettuare l’esperimento? Il problema è che, mentre per Schrödinger era agevole immaginare un gatto “quantistico” accoppiandolo a un evento su scala atomica, non è affatto chiaro se e come si possa fare in pratica questo passaggio di scala, o in effetti che cosa potrebbe significare una sovrapposizione di vivo e morto in termini di stati quantistici.
Tuttavia, con le tecniche moderne possiamo immaginare la creazione di sovrapposizioni quantistiche ben definite di oggetti relativamente grandi – non grandi come i gatti, ma molto più grandi degli atomi singoli – e testare le loro proprietà. È quello che stanno facendo tutti i progetti per realizzare i gattini di Schrödinger.
“Molti fisici non si aspettano grandi sorprese su larga scala”, ha dichiarato Simon Gröblacher della Delft University of Technology nei Paesi Bassi. “Semplicemente non si sa che cosa può succedere se s’iniziano a creare stati quantistici con circa 10^23 atomi”, che è la scala tipica degli oggetti di uso quotidiano.
I nuovi esperimenti dimostrano che, nonostante quello che pensava Schrödinger, oggetti relativamente grandi possono effettivamente esibire un comportamento quantistico controintuitivo.
Gröblacher e colleghi hanno creato microfasci di silicio, ciascuno di dieci micrometri di lunghezza e da 1 a 0,25 micrometri in sezione trasversale. Ognuno presentava fori lungo il fascio destinati ad assorbire e intrappolare la luce laser a infrarossi. I ricercatori hanno quindi eccitato quei fasci con la luce inviata in una sovrapposizione di cammini, uno per ciascun fascio. Così sono stati in grado di generare un entanglement tra due fasci in un singolo stato vibrazionale quantistico. Si può pensare a questo come all’equivalente molto piccolo di due gatti entangled.
Un altro tipo di entanglement tra gli oscillatori meccanici viene descritto da Mika Sillanpää e colleghi dell’Aalto University, in Finlandia, in un altro articolo pubblicato su “Nature” in cui compare l’articolo di Gröblacher. Hanno accoppiato due microscopici fogli di metallo a forma di membrana di tamburo mediante un filo superconduttore. Il filo può condurre una corrente elettrica che oscilla alle frequenze delle microonde (circa 5 miliardi di vibrazioni al secondo); il suo campo elettromagnetico esercita una pressione sulle superfici vibranti. “I campi elettromagnetici agiscono come una sorta di mezzo che costringe le due membrane di tamburo in uno stato quantistico entangled”, ha detto Sillanpää.
I ricercatori hanno a lungo cercato di ottenere effetti quantistici come sovrapposizione ed entanglement in “grandi” oscillatori micromeccanici come questi, che hanno miliardi di atomi al loro interno. “Gli stati entangled degli oscillatori meccanici sono stati discussi teoricamente a partire dalla fine degli anni settanta, ma solo negli ultimi anni è stato tecnicamente possibile crearli”, ha affermato Sillanpää.
Quello che rende questi esperimenti un tour de force è che evitano il processo che generalmente trasforma grandi oggetti governati dalle regole quantistiche in oggetti che obbediscono alla fisica classica. Questo processo sembra fornire il pezzo mancante (o almeno, la maggior parte) del rompicapo della misurazione, che Bohr ha lasciato così maledettamente vago.
Si chiama decoerenza e, piuttosto chiaramente, ha a che fare con l’entanglement. Secondo la meccanica quantistica, l’entanglement è un risultato inevitabile di qualsiasi interazione tra due oggetti quantistici. Quindi se un oggetto – un gatto, per esempio – inizia in una sovrapposizione di stati, quella sovrapposizione – quella “quantomeccanicità”, si potrebbe dire – si diffonde quando l’oggetto interagisce con il suo ambiente e diventa sempre più entangled con esso. Ma se si vuole effettivamente osservare la sovrapposizione, occorre dedurre il comportamento quantistico di tutte le particelle entangled. Questo diventa rapidamente impossibile, più o meno allo stesso modo in cui diventa impossibile rintracciare tutti gli atomi in una goccia d’inchiostro mentre si diffonde in una piscina. A causa dell’interazione con l’ambiente, la natura quantistica della particella originale si disperde. Questa è la decoerenza.
I fisici teorici quantistici hanno dimostrato che la decoerenza dà origine al tipo di comportamento osservato nella fisica classica. E i fisici sperimentali lo hanno dimostrato in esperimenti in grado di controllare la velocità di decoerenza, in cui gli effetti quantistici caratteristici, come l’interferenza delle onde delle particelle, svaniscono gradualmente con il procedere della decoerenza.
La decoerenza, quindi, è fondamentale per l’attuale comprensione della transizione quantistico-classica. La capacità di un oggetto di mostrare un comportamento quantistico, come interferenza, sovrapposizione e correlazioni indotte dall’entanglement, non ha nulla a che fare con quanto è grande. Invece, dipende da quanto è entangled con il suo ambiente.
In genere, però, le dimensioni hanno un ruolo, perché quanto più grande è un oggetto, tanto più facilmente può diventare entangled con il suo ambiente e andare incontro a decoerenza. Un oggetto grande, caldo, irrequieto come un gatto non ha la speranza di rimanere in una sovrapposizione quantomeccanica di qualsiasi tipo, e andrà incontro a decoerenza più o meno all’istante.
Se semplicemente si mette un gatto in una scatola e si collega il suo destino al risultato di qualche evento quantistico, non è probabile che lo si inserisca in una sovrapposizione di stati vivo e morto, perché la decoerenza lo forza quasi istantaneamente in uno stato o nell’altro. Se si potesse sopprimere la decoerenza rimuovendo tutte le interazioni con l’ambiente (senza uccidere il gatto in un vuoto ultrafreddo!) – beh, allora sarebbe un’altra storia e le argomentazioni resisterebbero. È quasi impossibile immaginare come ottenerlo per un gatto. Ma questo è in sostanza quello che i gruppi di Gröblacher e Sillanpää hanno ottenuto con i loro minuscoli oscillatori.
Invece di procedere verso il limite quantistico-classico dall’alto verso il basso, vedendo se possiamo evocare la quantomeccanicità in un oggetto vibrante quando è abbastanza piccolo, possiamo procedere dal basso verso l’alto. Poiché sappiamo che gli effetti quantistici, come sovrapposizione e interferenza, sono facilmente visibili in singoli atomi e persino in piccole molecole, potremmo chiederci fino a che punto questi effetti possano essere sostenuti mentre continuiamo ad aggiungere più e più atomi. Tre gruppi hanno ora affrontato la questione, raggiungendo stati quantistici per nubi fino a decine di migliaia di atomi ultrafreddi, mettendoli in entanglement in uno stato chiamato condensato di Bose-Einstein (BEC).
Einstein e il fisico indiano Satyendra Nath Bose mostrarono che un simile stato può esistere tra bosoni (intitolati a Bose), una delle due classi generali di particelle fondamentali. In un BEC, tutte le particelle si trovano nello stesso singolo stato quantistico, il che significa che in effetti agiscono piuttosto come un unico grande oggetto quantistico. Poiché si tratta di un effetto quantistico, la condensazione di Bose-Einstein si verifica solo a temperature molto basse, e un BEC è stato visto nella sua forma più pura – una nube di particelle bosoniche – solo nel 1995, in atomi di rubidio raffreddati a pochi miliardesimi di grado sopra lo zero assoluto.
I BEC fatti da questi atomi ultrafreddi hanno dato ai fisici un nuovo strumento per indagare sui fenomeni quantistici. In passato, i ricercatori hanno dimostrato che una nube del genere – costituita forse da diverse migliaia di atomi – può essere collocata in uno stato in cui tutti gli atomi sono collegati tra loro.
Questi a rigore non sono i gattini di Schrödinger, ha affermato Carsten Klempt della Leibniz University di Hannover, in Germania. Quelli sono generalmente definiti come sovrapposizioni di stati che sono tanto diversi quanto è loro possibile: per esempio, tutti con spin verso l’alto e tutti con spin verso il basso (analoghi a “vivi” e “morti”). Non è il caso di queste nubi entangled di atomi. Tuttavia, mostrano ancora un comportamento quantistico su scala relativamente grande.
C’è una riserva più importante, tuttavia, all’idea che si tratti di incarnazioni “a scala di gattini” di entanglement in stile EPR. Gli atomi sono tutti mescolati nello spazio e sono identici e indistinguibili. Ciò significa che, anche se sono entangled, non puoi vederli in termini di una correlazione tra proprietà di un oggetto qui e un altro lì. “I condensati di Bose-Einstein degli atomi ultrafreddi consistono in grandi insiemi di atomi indistinguibili, letteralmente uguali in qualsiasi osservabile fisica”, ha detto Klempt. “Dunque, la definizione originale di entanglement, come raffigurata nell’esperimento di pensiero EPR, in essi non può essere realizzata”. In effetti, l’intero concetto di entanglement tra particelle indistinguibili è stato teoricamente contestato. “Questo perché la nozione di entanglement richiede la possibilità di definire i sottosistemi distinti che sono entangled l’uno con l’altro”, ha detto Philipp Kunkel dell’Università di Heidelberg in Germania.
Un tipo molto più chiaro di entanglement, con un’analogia diretta con l’entanglement delle particelle separate spazialmente nell’esperimento mentale EPR, è stato ora dimostrato in tre esperimenti separati dai gruppi di Klempt ad Hannover, di Kunkel (guidato da Markus Oberthaler) a Heidelberg, e di Philipp Treutlein dell’Università di Basilea, in Svizzera. “Il conflitto con la fisica classica è sorprendente quando si osserva l’entanglement tra questi sistemi spazialmente separati”, ha detto Treutlein. “Questa è la situazione considerata nell’articolo EPR del 1935”.
Tutti e tre i gruppi usavano nuvole di centinaia o migliaia di atomi di rubidio trattenuti trappole di campi elettromagnetici (prodotti da dispositivi microscopici su un “chip atomico” o generati da raggi laser incrociati). I ricercatori hanno usato i laser a infrarossi per eccitare transizioni quantistiche negli spin atomici e hanno cercato le correlazioni tra i valori di spin che sono il segno rivelatore di entanglement. Mentre i gruppi di Heidelberg e di Basilea studiavano due diverse regioni in un unica grande nube, il gruppo di Klempt in realtà divideva la nube in due inserendo una regione di spazio vuoto nel mezzo.
I gruppi di Basilea e Heidelberg hanno dimostrato l’entanglement con un effetto chiamato steering quantistico, in cui viene sfruttata l’apparente interdipendenza delle due regioni entangled in modo che le misurazioni effettuate su una di esse permettano ai ricercatori di prevedere le misurazioni dell’altra. “Il termine ‘steeering’ – letteralmente ‘orientare’, ‘governare’ – è stato introdotto da Schrödinger”, ha spiegato Treutlein. “Si riferisce al fatto che, a seconda del risultato della misurazione nella regione A, cambia lo stato quantistico che usiamo per descrivere il sistema B”. Ma questo non implica che ci sia un trasferimento di informazioni istantaneo o una comunicazione tra A e B. “Non è possibile governare lo stato del sistema distante in modo deterministico, dal momento che il risultato della misurazione è ancora probabilistico “, ha detto Kunkel. “Non c’è influenza causale”.
Questi risultati sono “eccitanti”, ha dichiarato Jens Eisert della Freie Universität Berlin, che non era coinvolto nel lavoro. “L’entanglement nei vapori atomici è stato generato molto tempo prima”, ha detto, “ma quello che è diverso qui sono i livelli di indirizzabilità e controllo in questi sistemi”.
A parte la chiara dimostrazione di entanglement quando esiste tra regioni spazialmente separate, c’è anche un vantaggio pratico nel fare le cose in questo modo: è possibile usare individualmente le regioni separate per l’elaborazione dell’informazione quantistica. “Non è possibile neanche in linea di principio manipolare singoli atomi nel BEC senza influenzare tutti gli altri atomi, se sono tutti nella stesso posto”, ha detto Treutlein. “Tuttavia, se possiamo manipolare individualmente le due regioni spazialmente separate, l’entanglement diventa disponibile per compiti di informazione quantistica come il teletrasporto quantistico o lo scambio di entanglement.” Ciò, tuttavia, richiederà che la separazione fisica delle nubi sia aumentata oltre quanto ottenuto negli esperimenti attuali, ha aggiunto. Idealmente, ha dichiarato Klempt, dividendo ulteriormente la nube in atomi manipolabili individualmente.
“Grandi” oggetti quantistici come questi potrebbero anche permetterci di esplorare nuova fisica: per scoprire, per esempio, che cosa succede quando la gravità inizia a influenzare significativamente il comportamento quantistico. “Con questo nuovo modo di controllare e manipolare grandi stati entangled, potrebbe esserci spazio per sofisticati test sugli effetti quantistici nelle teorie gravitazionali”, ha affermato Eisert. Per esempio, è stato proposto che gli effetti gravitazionali possano indurre un collasso fisico degli stati quantistici in quelli classici, un’idea che in linea di principio è suscettibile di verifica sperimentale con sovrapposizioni o stati entangled di grandi masse. Treutlein ha dichiarato che un modo per testare i modelli di collasso fisico implica l’interferenza tra distinte “onde di materia” atomiche e, ha aggiunto, il BEC del suo gruppo, separato in due ed entangled, può funzionare da interferometro atomico. “La maggior parte dei fisici probabilmente non si aspetterà un improvviso crollo della fisica quantistica” via via che le dimensioni del sistema aumentano, ha detto Klempt. Ma Kunkel ha aggiunto che “è ancora una questione aperta, dal punto di vista sperimentale e teorico, se esista un limite fondamentale alla dimensione degli oggetti che possono essere entangled l’uno con l’altro”.
“La domanda più interessante è se ci siano alcune dimensioni fondamentali in cui non si può in un certo senso generare entanglement”, ha detto Sillanpää. “Ciò significherebbe che entra in gioco qualcos’altro oltre alla normale meccanica quantistica, e questo potrebbe essere, per esempio, il collasso causato della gravità.” Se la gravità gioca un ruolo, questo potrebbe offrire alcuni spunti su come sviluppare una teoria della gravità quantistica, che unisca le teorie attualmente incompatibili della meccanica quantistica e della relatività generale. Sarebbe un bel colpo per i gattini di Schrödinger. Per ora, rafforzano la convinzione generale che non vi sia nulla di speciale nel comportamento quantistico, oltre al fatto che s’inserisce in un groviglio sempre più intricato da cui emerge la nostra rete classica. E nessun gatto dev’essere ucciso nel processo.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato il 25 giugno 2018 da QuantaMagazine.org, una pubblicazione editoriale indipendente onlinepromossa dalla Fondazione Simons per migliorare la comprensione pubblica della scienza. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze.Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati)
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