Con il progressivo aumento del livello del mare, le inondazioni costiere rischiano di diventare sempre più frequenti e intense. Capire quali saranno le altezze massime che si raggiungeranno durante eventi estremi dovuti al concorso anche di maree e tempeste è essenziale per decidere per tempo le misure di difesa necessariedi Alexandra Witze/Nature
L’8 settembare 2017 Thomas Wahl ha fatto il check-in all’aeroporto Gatwick di Londra per un volo quasi vuoto diretto a Orlando, in Florida. Ingegnere costiero all’University of Central Florida, Wahl sapeva a che cosa andava incontro nella sua città: all’uragano di categoria 5 Irma, che aveva già martoriato gran parte dei Caraibi. È salito lo stesso sull’aereo. “Eravamo io, il pilota e alcuni turisti diretti al parco Disney, ai quali non importava”, ricorda.
Piogge e venti forti di Irma hanno ucciso decine di persone in Florida. Per Wahl, che ha superato la tempesta nel monolocale di famiglia, l’esperienza è stata una rara occasione per assistere in prima persona a un fenomeno che lo preoccupava da tempo: i livelli estremi che può raggiungere il mare e che cosa succede quando mareggiate, maree e onde si combinano.
Gli eventi marini estremi possono spingere l’acqua al di là delle barriere costiere, inghiottire le case e inondare infrastrutture cruciali. E’ successo, per esempio, a New Orleans, in Louisiana, e nella regione circostante – che stava ancora riprendendosi da oltre 100 miliardi di dollari di danni causati dall’uragano Katrina nel 2005 – e a Jacksonville, in Florida, dove Irma ha sommerso parti della città sotto due metri d’ acqua, intrappolando i residenti e facendo chiudere i ponti e l’aeroporto internazionale della città.
A livello globale, il livello medio del mare aumenta di poco più di tre millimetri all’anno, mentre i ghiacciai e le calotte di ghiaccio si sciolgono e l’acquadegli oceani si riscalda. I ricercatori si sono per lo più concentrati sulla comprensione delle cause e della velocità di questo aumento. Ci si aspetta però che l’innalzamento dei mari interessi anche i livelli estremi del mare, con effetti devastanti. Nei prossimi decenni, le inondazioni centennali – quelle che hanno una probabilità dell’1 per cento di colpire in un dato anno, o un intervallo medio di ritorno di 100 anni – potrebbero verificarsi ogni due anni o poco più. In tutta Europa, il costo delle inondazioni costiere potrebbe aumentare di oltre 20 volte entro il 2100. E in alcune regioni, l’intensità di ciò che costituisce un’inondazione centennale diventerà molto più grave.
Wahl e una piccola brigata di suoi colleghi dicono che un numero maggiore di scienziati dovrebbe prestare attenzione alla natura mutevole di questi eventi calamitosi e al modo in cui influiranno su coloro che vivono vicino alla costa. Queste inondazioni saranno una delle minacce più grandi che l’umanità dovrà affrontare in futuro, afferma. “Quando parliamo di rischio di inondazione, a un certo punto dobbiamo confrontarci con un’analisi dei casi estremi. Sono gli eventi ad alto impatto e bassa probabilità che ci preoccupano maggiormente”.
Associando tra loro documenti storici e usando modelli per la stima del rischio, Wahl e altri stanno facendo passi in avanti nel prevedere i pericoli legati a eventi del genere. Le conclusioni variano a seconda della località. Alcune comunità costiere dovranno affrontare un pericoloso aumento del numero di eventi marini estremi. Altri sono probabilmente più esposti a inondazioni “fastidiose”, inondazioni che hanno l’ effetto di invadere le strade e rendere la vita difficile ai residenti, ma con effetti generali meno drammatici.
Le comunità locali avranno bisogno di queste conoscenze per prepararsi, dice Maya Buchanan, specialista del cambiamento climatico per ICF International, azienda di consulenza di New York. I funzionari pubblici possono affrontare il problema delle inondazioni migliorando il drenaggio e altre infrastrutture. Ma gli eventi estremi richiedono un impegno più grande: costruire dighe o rinforzare le difese marittime. Complessivamente circa 300 milioni di persone che risiedono sulle coste sono a rischio di questi eventi. “E’ un dato importante per prendere decisioni e di massimo rilievo per la società”, dice Buchanan.
Raccogliere i dati
Il 6 febbraio 1978, una tormenta di portata storico si abbatté sul New England. Gli automobilisti rimasero bloccati da una pesante nevicata. La combinazione dell’alta marea e delle enormi onde dovute alla tempesta spazzarono le abitazioni sulla costa come se fossero case di bambole. Alla fine, 54 persone rimasero uccise e migliaia di edifici furono distrutti.
Il record ufficiale di marea del porto di Boston mostra che i livelli idrici, non considerando le maree, aumentarono di circa un metro in 12 ore, portandolo a uno dei più alti livelli di marea mai registrati. Ma è solo uno dei tanti primati raccolti in tutto il mondo dagli addetti alla registrazione dei flussi e riflussi quotidiani delle maree, così come degli aumenti nel livello delle acque causati dalle tempeste.
Nel 2009, un gruppo guidato da Philip Woodworth del National Oceanography Centre di Liverpool ha deciso di riunire il maggior numero possibile di questi dati in una banca dati globale. Il gruppo si è concentrato sulle misurazioni che sono state effettuate almeno una volta all’ora, abbastanza spesso da catturare accuratamente il segnale di acqua alta durante una tempesta in rapida evoluzione.
La banca dati, nota come Global Extreme Sea Level Analysis (GESLA) è diventata la fonte per analizzare come sono cambiati nel tempo i livelli estremi del mare. Dimostra che dal 1970, l’ampiezza e la frequenza dei livelli marini estremi sono aumentati in tutto il mondo. Per esempio, in alcuni zone l’altezza di quello che costituisce un evento di inondazione cinquantennale è aumentata di oltre dieci centimetri per decennio.
La colpa principale è dell’innalzamento del livello medio del mare. Via via che gli oceani si innalzano rispetto alle coste, i picchi di una tempesta in arrivo possono raggiungere più facilmente i livelli di un’acqua alta da record. Una stima suggerisce che l’aumento del livello del mare ha causato oltre due miliardi di dollari di danni sui quasi 12 miliardi di danni provocati a New York City dall’uragano Sandy nel 2012.
Anche altri fattori influiscono sul livello estremo del mare. I modelli di circolazione atmosferica a lungo termine hanno un ruolo importante; un El Niño intenso, per esempio, spinge grandi masse d’acqua aumentando la probabilità di livelli marini elevati lungo la costa occidentale degli Stati Uniti, mentre la diminuisce nel Pacifico tropicale occidentale. Anche i cambiamenti nell’altezza relativa della terraferma e del mare sono importanti; gran parte della costa scandinava si è lentamente innalzata da quando, alla fine dell’ultima era glaciale, sono scomparsi i pesanti ghiacciai. In Asia meridionale, il delta del Brahmaputra-Gange sta affondando via via che i suoi sedimenti si compattano.
GESLA, che è stata aggiornata nel 2016, contiene ora 1355 record di dati provenienti da tutto il mondo, con oltre 39.000 stazioni/anno (il numero di stazioni moltiplicato per la lunghezza dei loro record) di dati. La maggior parte risale alla seconda metà del XX secolo. Ma questo non è sufficiente per i ricercatori che vogliono migliorare le statistiche a lungo termine. Una regola empirica stabilisce che la frequenza degli eventi può essere estrapolata nel futuro fino a un arco di tempo quadruplo, via via che i dati di tipo osservativo risalgono nel tempo. Alcuni decenni di dati non sono sufficienti a fornire previsioni per un evento di inondazione che si verifichi ogni 10.000 anni, come è richiesto per alcune comunità e per infrastrutture sensibili come le centrali nucleari.
Alla Portland State University, in Oregon, l’oceanografo Stefan Talke si è dedicato a ricostruire la documentazione storica dei livelli idrici negli Stati Uniti. La National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti gestisce gli indicatori di marea nella gran parte del paese. I suoi documenti includono la maggior parte del XX secolo, ma possono risalire al XIX secolo. Con colleghi e studenti, Talke rovista negli archivi di tutto il paese alla ricerca di informazioni su andamenti delle maree e onde di tempeste che la NOAA non ha digitalizzato in modo sistematico. “Abbiamo tutte queste domande su che cosa succederà in futuro”, dice Talke. “Se non comprendiamo quanto più possibile il passato, come possiamo fare previsioni?”
Talke e i suoi colleghi hanno scartabellato risme di tabelle con dati e di note scritti a mano che descrivono come sono state effettuate le misurazioni. Le note sono state cruciali per valutare la qualità dei dati: parlano di orologi che si rompono, strumenti bloccati dal ghiaccio e anche di un addetto ubriaco che effettuava misurazioni discutibili. I ricercatori hanno recuperato circa 300.000 documenti, che rappresentano più di 6500 stazioni/anni di misurazioni perse o dimenticate.
A Boston, per esempio, hanno trovato e digitalizzato cinquant’anni di dati precedenti all’istituzione della NOAA nel 1921. Da questi dati e da registrazioni ancora più vecchie hanno calcolato che a partire dagli anni venti del XIX secolo il livello del mare a Boston è aumentato di 28 centimetri rispetto al livello del suolo. In seguito a questo aumento, gli eventi estremi sono diventati una routine: quello che è stato un evento centennale nel 1820 è ora più simile a un evento che si verifica ogni otto anni (si veda l’illustrazione The coming floods).
Indietro nel tempo
I ricercatori hanno anche scoperto eventi estremi che aiutano a mettere in prospettiva le inondazioni più moderne. Per esempio, hanno scoperto che una tempesta del 1909 ha prodotto un’inondazione come quella della tormenta del 1978. “La ricerca archivistica mostra che l’evento del 1978 non è poi così anomalo”, dice Talke.
Ma entrambi questi livelli marini estremi sono stati superati da un “ciclone-bomba” che a Boston a gennaio ha prodotto un innalzamento del livello del mare che ha infranto le barriere costiere riversando acque gelide nei quartieri della città. E la scorsa settimana, un’altra forte tempesta invernale ha causato un’inondazione quasi da primato nella zona di Boston, due mesi dopo l’ ultimo record.
Talke condivide le sue scoperte con altri scienziati e funzionari di agenzie come l’Army Corps of Engineers, che è responsabile delle opere di ingegneria costiera federali. Spera che, comprendendo le tendenze a lungo termine, la società sarà più attrezzata per affrontare i futuri livelli elevati delle acque.
Una volta in possesso dei dati sugli eventi estremi del passato, i ricercatori hanno un paio di modi per prevedere la frequenza con cui si ripeteranno. Il metodo più semplice è usare la cosiddetta distribuzione di Gumbel. Questo approccio è stato usato nell’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) sull’innalzamento del livello del mare per calcolare la frequenza con cui le inondazioni si ripeterebbero in vari scenari di emissioni di gas serra. Ma è un po’ semplicistico e non coglie molto bene gli eventi estremi, dice Wahl. Per esempio, una tipica analisi di Gumbel potrebbe considerare il livello marino più alto dell’anno per una determinata località. Questo significa che considera solo l’inondazione più alta di un anno che potrebbe invece aver visto più di una grande tempesta.
Di recente Buchanan e colleghi hanno adottato un approccio diverso, la distribuzione di Pareto generalizzata, così da includere tutte le osservazioni orarie del livello dell’acqua al di sopra del 99° percentile. Questo significa più dati, e quindi un’immagine più accurata della variazione nel tempo. Il gruppo ha studiato tutti i dati relativi ai rilevatori di marea della NOAA risalenti ad almeno trent’anni fa, poi ha combinato questi dati con un’analisi dell’innalzamento del livello del mare per prevedere la frequenza con cui si sarebbero verificate le inondazioni in luoghi diversi, e la loro estensione.
Il quadro di fondo è semplice. “Le inondazioni diventeranno più frequenti”, dice Buchanan. Ma l’analisi ha anche rivelato che le cose andranno in modo diverso nelle differenti regioni costiere. Nelle città della costa orientale, come New York e Charleston, in South Carolina, saranno sempre più frequenti le inondazioni “fastidiose”. Per contro, città occidentali come Seattle, nello Stato di Washington, e San Diego in California dovrebbero aspettarsi inondazioni più frequenti da eventi estremi. Le regioni occidentali presentano in genere pendii costieri più ripidi, che tendono a proteggere i residenti. Ma l’innalzamento del livello del mare dà alle acque uno sprint che permette di superare quella che una volta era una barriera protettiva.
La disparità tra le regioni può essere netta. Se il livello del mare sale di mezzo metro a Charleston, per esempio, l’attuale inondazione centennale potrebbe colpire 16 volte più spesso. A Seattle, il tasso sale fino a 335, rendendo più probabile un evento ogni quattro mesi.
All’Università di Chicago, in Illinois, anche l’oceanografo Sean Vitousek ha lavorato per capire il rischio di alluvione, usando una tecnica statistica chiamata distribuzione generalizzata dei valori estremi. In un articolo pubblicato lo scorso anno su “Scientific Reports”, lui e i suoi colleghi hanno combinato modelli di onde, maree e mareggiate globali con proiezioni del livello del mare, per poi calcolare come potrebbero aumentare le inondazioni costiere nei prossimi decenni. Hanno scoperto che un innalzamento del livello medio globale del mare di 10-20 centimetri – che è atteso per non oltre il 2050 – raddoppierebbe la frequenza di eventi marini estremi ai tropici. I paesi insulari del Pacifico più colpiti saranno quelli poco al di sopra del livello del mare, dove l’innalzamento delle acque rappresenta una percentuale significativa della variabilità delle inondazioni tipiche. Luoghi come Kiribati, isole Marshall e Maldive rischiano non solo di essere sommersi in modo permanente, ma anche di subire regolarmente inondazioni che possono inquinare le riserve idriche e rendere i terreni inadatti all’agricoltura.
Il lavoro di Vitousek è uno dei primi sugli estremi che incorpori i cambiamenti nelle onde oltre che nelle maree e nelle onde di tempesta. Vitousek spera di poter migliorare ulteriormente i metodi statistici, per stimare meglio quanto spesso potrebbero verificarsi questi eventi. “A che punto siamo nel superamento che può aversi ogni anno dei livelli degli eventi cinquantennali?”, si chiede. “Dobbiamo capire quanto tempo abbiamo ancora a disposizione per ingegnerizzare la nostra via d’uscita dal problema “.
Le previsioni di inondazioni estreme sono rese confuse dall’incertezza sulla velocità con cui aumenteranno le emissioni di gas serra. Lo scorso anno, nella prima proiezione assoluta di come i livelli estremi del mare potrebbero influenzare le coste europee, i ricercatori hanno calcolato che entro il 2100 l’altezza di un’alluvione centennale potrebbe aumentare tra 57 e 81 centimetri. Ma questa è una media in tutta Europa. Con un tasso elevato di emissioni, nella regione del Mare del Nord i livelli estremi potrebbero aumentare di quasi un metro. Le coste portoghesi e il golfo di Cadice potrebbero invece sperimentare una diminuzione dei livelli estremi marini, grazie anche all’indebolimento dei venti forti che mareggiate e onde di tempesta.
Il gruppo che ha effettuato l’analisi, diretto da Michalis Vousdoukas, oceanografo al Centro comune europeo di ricerca di Ispra, ha ora rivolto la propria attenzione al calcolo degli impatti economici. Entro il 2100 i danni causati dalle inondazioni fluviali saliranno dallo 0,04 per cento allo 0,1 per cento del prodotto interno lordo dell’Europa, ha riferito Vousdoukas lo scorso dicembre in occasione di una riunione dell’American Geophysical Union a New Orleans. Ma i danni causati dalle inondazioni costiere, oggi pari allo 0,01 per cento, saliranno tra 0,29 e 0,86 per cento. “In futuro le inondazioni costiere diventeranno uno dei pericoli naturali più importanti”, ha dichiarato.
Vousdoukas e gli altri impegnati in questo settore emergente sono ansiosi di portare le loro scoperte ai decisori delle comunità costiere. A Orlando, per esempio, Wahl fa parte di un tentativo lanciato di recente per unire ingegneri, oceanografi, economisti, sociologi e altri esperti. Al nuovo National Center for Integrated Coastal Research, con sede presso l’University of Central Florida, si spera di fornire ai decisori politici le informazioni di cui hanno bisogno per capire quanto debbano essere alte le difese (come dighe o barriere costiere) da costruire nei prossimi decenni.
Sapere quanto problematica sarà la situazione – quanto estremi potrebbero essere i livelli del mare – sarà una parte importante di questo tentativo, dice Wahl. “Penso che possiamo già dare consigli sulla base di quello che sappiamo”, dice.
È fondamentale iniziare subito perché l’adeguamento può richiedere un certo tempo, dice Wahl. Dalla sua ideazione dopo una devastante inondazione del 1953, la barriera anti-alluvioni del Tamigi nei pressi di Londra, che ha contribuito a prevenire le inondazioni, ha richiesto decenni per diventare operativa nel 1982. La società non può aspettare così a lungo per iniziare a prepararsi all’impatto dei livelli estremi del mare, dice Wahl: “Alcune decisioni vanno prese ora”.
(L’originale di questo articolo è stato pubblicato su “Nature” il 7 marzo 2018. Traduzione ed editing a cura di Le Scienze. Riproduzione autorizzata, tutti i diritti riservati.)
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